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Trento, 22 dicembre 2009
DISEGNO DI LEGGE
"Esercizio delle medicine complementari
da parte dei medici e odontoiatri,
dei medici veterinari e dei farmacisti”

RELAZIONE

Le medicine complementari, in passato denominate alternative o non convenzionali, rappresentano pensieri medici anche molto antichi, da sempre utilizzati nelle diverse tradizioni popolari. Nel recente passato esse si sono evolute a fianco della medicina moderna, altrimenti definita classica o accademica o convenzionale. Ancorché la medicina accademica costituisca il pensiero medico istituzionale e come tale venga adottato dal SSN, le medicine complementari sono sempre più utilizzate dai cittadini i quali ricercano per la cura della propria salute soluzioni terapeutiche più ampie rispetto a quelle offerte dalla sola medicina accademica. Molti medici esperti nelle medicine complementari si sono adoperati, particolarmente negli ultimi venti anni, per promuovere l’integrazione di tali discipline con la medicina accademica, cosicché il modello terapeutico della medicina integrata è al giorno d’oggi sempre più proposto non solo dai cultori della materia, ma anche da un numero crescente di organizzazioni della salute e di Servizi sanitari sia in Europa che nei paesi extraeuropei. Il fenomeno dello sviluppo e della diffusione delle medicine complementari è un fatto acquisito a livello di tutto il mondo, in oriente come in occidente. Il riconoscimento e la tutela del patrimonio culturale delle medicine complementari ha interessato le principali Istituzioni a cominciare dalla OMS. In Europa, nella risoluzione n° 400 del maggio 1997 il Parlamento europeo ha evidenziato: “la necessità di garantire ai cittadini la più ampia libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro anche il più elevato livello di sicurezza e l’informazione più corretta sull’innocuità, la qualità, l’efficacia di tali medicinali” e ha invitato gli Stati membri della UE a “dare informazioni su queste medicine suggerendo che la preparazione dei laureati in medicina e chirurgia comprenda anche una iniziazione a talune discipline non convenzionali”. In tal senso si è espresso anche il Consiglio d’Europa, il quale, nella risoluzione 1206 del novembre 1999, pur riconoscendo la preminenza della medicina convenzionale, ha affermato la necessità di un riconoscimento delle principali medicine complementari da parte degli stati membri allo scopo di inserirli a pieno titolo nei diversi SSN. A tale scopo il Consiglio ha invitato i singoli stati membri a regolarizzare lo status di queste medicine con provvedimenti legislativi appropriati. Nonostante la vacanza delle normative auspicate, il processo dell’integrazione dei pensieri delle medicine complementari con la medicina classica o convenzionale è oramai ad uno stadio piuttosto avanzato e sono sempre di più gli esempi di servizi sanitari europei ed extraeuropei che riconoscono l’utilità di tali medicine e le accolgono nel loro sistema sanitario. In Europa alcune nazioni, come la Francia e il Belgio, hanno emanato leggi che regolamentano tale settore della medicina e prima ancora di essi, fin dal 1976, una regolamentazione del parlamento è stata fatta in Germania. In tutti i casi il principio portante di tali iniziative legislative è il concetto dell’esistenza di diversi indirizzi terapeutici in medicina e l’affermazione che nessun approccio scientifico, per quanto maggioritario, ha il diritto di discriminarne altri. Nel contempo, sono oramai numerosissimi gli esempi di ordinamenti universitari che si sono adoperati per offrire programmi didattici sia informativi che formativi su tali medicine. Per citare un solo esempio qualificante, possiamo ricordare che un numero sempre crescente di università americane ha inserito tali medicine nella formazione medica e in questo contesto si è creato il Consortium of Academic Health Centers for integrative medicine” che include circa 30 università degli Stati Uniti. L’obiettivo del Consorzio è quello di “contribuire a trasformare la medicina e l’assistenza sanitaria con studi scientifici rigorosi, nuovi modelli per l’assistenza e programmi di formazione innovativi che riguardino la biomedicina, la complessità dell’organismo umano e il più ampio ventaglio delle risorse terapeutiche”. Il documento sottolinea come la scelta di oggi, quella cioè di promuovere l’integrazione tra i diversi aspetti della medicina, pone le basi di quella che sarà, semplicemente, la medicina del futuro. Anche in Italia le medicine complementari sono sempre più utilizzate e studiate nonostante esse si siano sviluppate in un contesto di conflittualità con la medicina accademica, che ha determinato a volte tolleranza e altre volte una determinata emarginazione. Da un punto di vista legislativo la mancanza di iniziative finalizzate al riconoscimento delle medicine complementari, come auspicato a livello europeo, ha relegato i medici praticanti tali terapie ad operare in una condizione di semiclandestinità. Nell’anno 2002, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici ha riconosciuto la pratica delle medicine complementari come “atto medico”. Questa iniziativa ha finalmente permesso di affermare che le medicine complementari debbono essere praticate soltanto da laureati in medicina e chirurgia, medicina veterinaria e odontoiatria e ha delegato il medico e l’odontoiatra ad operare la scelta terapeutica più appropriata per ciascun paziente, secondo scienza e coscienza.

Il fenomeno dell’utilizzo delle medicine complementari riguarda in Italia una cifra considerevole di cittadini. Secondo recenti indagini ISTAT si avvalgono delle medicine complementari più del 22% dei cittadini italiani. La medicina più utilizzata è la medicina omeopatica. Infatti, secondo una recente indagine DOXA presentata nell’anno 2004, si stima che ad utilizzare i medicinali omeopatici sia il 23,1% della popolazione e cioè 14 milioni di cittadini. Tale numero rappresenta un incremento eccezionale rispetto ad una precedente indagine effettuata nell’anno 1999 che stimava in 6 milioni i cittadini utenti di tale medicina. I medici che nell’esercizio della loro professione utilizzano anche le medicine complementari sono molte migliaia (si stima molto più di diecimila) e la domanda di formazione in tali discipline è in continuo aumento, soprattutto da parte dei medici e dei pediatri di famiglia del SSN. A fronte del continuo aumento della spesa sanitaria dovuto particolarmente all’incremento dei cittadini affetti da malattie croniche (in Italia sono 17 milioni i cittadini affetti da malattie croniche) gli studi di farmacoeconomia disponibili evidenziano che i medici che utilizzano anche le medicine complementari consentono, oltre ad un migliore livello di salute dei cittadini, un concreto risparmio della spesa sanitaria nonché una riduzione del consumo di farmaci di uso cronico.

In ambito più strettamente provinciale va evidenziato che la Giunta provinciale, attuando l'ordine del giorno approvato dal Consiglio in data 21 luglio 2005 (odg n. 26) ha predisposto uno studio sul fenomeno inerente la diffusione e la fruizione delle medicine non convenzionali nell'ambito della Provincia di Trento. I risultati di tale ricerca sono significativi e confermano la diffusione del ricorso alle terapie non convenzionali con due dati assai significativi: oltre un terzo delle persone che hanno fatto uso di terapie non convenzionali lo ha fatto su suggerimento del proprio medico curante. Seconda evidenza significativa: chi ricorre alle medicine non convenzionali è generalmente piuttosto attrezzato sul piano culturale (un quarto degli utenti è laureato).

Più in dettaglio, il 35,2% delle persone intervistate per la predisposizione dello studio, ritiene utile l'agopuntura, il 38,9 l'omeopatia, il 35,5 la fitoterapia, il 39,5 i trattamenti manuali per l'apparato osteoarticolare. Tra coloro che hanno personalmente fatto ricorso a trattamenti non convenzionali negli ultimi tre anni, fra l'85% e il 95% a seconda della tipologia, ritiene di averne avuto benefico.  E' significativo infine osservare che negli ultimi dodici mesi presi in esame dallo studio citato, oltre il 17% dei pazienti si è curato solo con prodotti omeopatici o fitoterapici, il 32% si è curato prevalentemente con i medesimi prodotti, ricorrendo però anche alla medicina tradizionale. Solo il 7,6% dei pazienti dichiara di non aver mai fatto ricorso a prodotti omeopatici o fitoterapici negli ultimi 12 mesi presi in considerazione.

Sotto il profilo dell'impatto economico va infine aggiunto che nel 2005 il valore dei prodotti di medicina non convenzionale venduti nelle farmacie provinciali supera 1,7 milioni di euro (quasi raddoppiato rispetto al 2000, a cui si aggiunge oltre un milione di euro, sempre nel 2005, di prodotti del gruppo “fitoterapia ed erboristeria”. In termini percentuali, per i prodotti del gruppo “omeopatia e medicina naturale” l'incremento del fatturato dal 2000 al 2005 supera il 60%, mentre per i prodotti del gruppo erboristeria e fitoterapia l'incremento è stato del 44,5%.

Osservando quanto stanno facendo altre regioni italiane, particolarmente significativa è l'esperienza della regione Toscana.

Nella Regione Toscana l’utilizzo delle medicine complementari è considerevole e superiore alla media nazionale. Iniziative tese a favorire lo sviluppo di tali medicine e alla valutazione della loro efficacia sono state previste già nel PSR 1999-2001. L’erogazione di servizi pubblici di medicina complementare è attiva fin dal 1996, anno in cui è stato istituito il servizio di Medicina tradizionale cinese. Dall’anno 2002 sono stati riconosciuti dalla regione tre Centri di riferimento che erogano prestazioni delle medicine complementari più utilizzate, in particolare: medicina tradizionale cinese, omeopatia e fitoterapia. I centri hanno negli anni sempre più incrementato la loro attività incontrando un crescente gradimento da parte dei cittadini. L’offerta di salute che essi hanno proposto si è rivelata efficace, e i medici del SSR toscano si sono dimostrati progressivamente più aperti alla collaborazione e alla considerazione anche di queste risorse terapeutiche, come testimonia una recente indagine effettuata dall’ Agenzia Regionale di Sanità della Toscana presso più di 2000 medici di medicina generale.

A tale esperienza si ispira anche il presente disegno di legge.

Appare infatti inderogabile che il legislatore consideri in maniera compiuta e definitiva tale materia, che si giunga ad una normativa che favorisca lo sviluppo di tali medicine, patrocini una adeguata ricerca scientifica, promuova la progressiva integrazione nel SSR, primariamente per quelle medicine complementari più utilizzate dai cittadini e che vengono già erogate dai servizi pubblici regionali. Tale normativa è urgente anche per tutelare pienamente i cittadini utenti di queste medicine affinché, all’aumentare della domanda e della offerta di salute, sia possibile vigilare per evitare i casi di abuso della professione.

Va peraltro evidenziato che, seguendo un criterio di gradualità, la regolamentazione introdotto dal presente disegno di legge si limita alle medicine non convenzionali maggiormente praticate, di più lunga sperimentazione e per la quali esiste ormai una abbondante letteratura scientifica, vale a dire omeopatia, agopuntura e fitoterapia. Tale precisazione è doverosa poichè c'è la consapevolezza che oltre a queste discipline ve ne sono altre, forse altrettanto efficaci per specifiche patologie. Tali discipline, peraltro, non vengono qui prese in considerazione poiché non vi è un sufficiente consenso da parte degli operatori sanitari del SSN e degli ordini professionali. Ciò non esclude, ovviamente, che successivamente, con il progredire delle conoscenze sia teoriche che sperimentali, altre metodiche non possano aggiungersi a quelle per cui si propone il riconoscimento.

L'art. 1 definisce i principi generali ed i diritti tutelati dalla presente legge. L'art. 2 individua quali sono le medicine complementari il cui impiego si intende disciplinare e la cui funzione riconoscere. Lart. 3 detta le norme di carattere disciplinare e organizzativo per rendere possibile il pieno utilizzo da parte di medici e pazienti delle medicine complementari. Demanda infine alla Giunta provinciale il compito di emanare apposito regolamento attuativo stabilisce i criteri per il riconoscimento delle professionalità che già operano (o stanno acquisendo i relativi titoli professionali) nel campo delle medicine complementari. Prevede in particolare un periodo transitorio di tre anni per consentire di non vanificare titoli già acquisiti o studi già avviati. L'art. 4, infine, definisce i criteri per il riconoscimento degli istituti di formazione, facendo salvi, ovviamente, i titoli di studio rilasciati dalle Università di medicina e veterinaria.

Cons. Roberto Bombarda

 


Disegno di legge

Art. 1
Principi fondamentali

1. La Provincia autonoma di Trento garantisce il principio della libertà di scelta terapeutica del paziente e la libertà di cura del medico in adesione ai principi del codice di deontologia medica, nell'ambito di un rapporto consensuale ed informato tra medico e paziente.

2. La Provincia tutela l'esercizio delle medicine complementari all'interno delle norme contenute in questa legge e nel quadro delle competenze ad essa assegnate, e riconosce il diritto dei cittadini di avvalersi degli indirizzi diagnostici e terapeutici delle discipline di cui all'articolo 2. L'esercizio delle stesse è affidato ai medici chirurghi, odontoiatri, medici veterinari e farmacisti.

Art. 2
Medicine complementari

1. Le disposizioni normative di questa legge riguardano le seguenti medicine complementari:
a) agopuntura;
b) fitoterapia;
c) omeopatia.

Art. 3
Elenchi dei medici esercenti medicine complementari

1. Gli ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri, dei medici veterinari e dei farmacisti istituiscono elenchi di professionisti esercenti le medicine complementari di cui all'articolo 2.

2. Possono iscriversi agli elenchi di questo articolo i medici chirurghi, gli odontoiatri, i medici veterinari e i farmacisti in possesso dei titoli previsti, rispettivamente, dalle lettere a) e b) del comma 3.

3. la Giunta provinciale, con regolamento di attuazione di questa legge, d’intesa con gli ordini professionali di cui al comma 1, definisce:

a) i criteri e i titoli sufficienti per l'ammissione all'elenco dei medici chirurghi, odontoiatri, dei medici veterinari e dei farmacisti che praticano le medicine complementari di cui all'articolo 2;

b) le norme per il riconoscimento dei titoli conseguiti anteriormente alla data di entrata in vigore di questa legge;

c) i criteri di accreditamento e verifica degli istituti di formazione extrauniversitaria nelle singole discipline di medicina complementare previste dall'articolo 2, fermo restando la validità dei titoli, diplomi, attestati o ad essi equipollenti rilasciati dalle università ai sensi dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo);

d) le modalità di istituzione e di tenuta dell'elenco aggiornato degli istituti di formazione abilitati a rilasciare attestati riconosciuti ai fini di questa legge ed il relativo monitoraggio.

Art. 4
Formazione

1. Gli istituti pubblici e privati di formazione, singolarmente o in associazione, che operano nel settore delle medicine complementari e che possono attestare, attraverso idonea documentazione, di ottemperare ai criteri indicati nell'articolo 3, comma 3, lettera c), possono ottenere l'iscrizione all'elenco degli istituti di formazione accreditati dalla Provincia, di cui all'articolo 3, comma 3, lettera d); il venire meno dei requisiti richiesti determina la revoca del riconoscimento.

     

Roberto Bombarda

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